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Morte di un Angelo

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2009 15:24
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03/12/2009 15:24

questa l'ho scritta il 28 ottobre 2006, buona lettura.

Avverto nell'aria un desiderio. Desiderio indefinito, inespresso, sfuggente. Desiderio di vita, di libertà, di gioia. Desiderio di gaia serenità, sgombra la mente dai pensieri, dai ricordi, dai rimorsi. Non ho rimorsi nè rimpianti. Desiderio di annulare ogni menzogna, ogni bugia, ogni opportunismo. Non sono opportunista. Io. Desiderio di cancellare ogni menzogna, ogni bugia, ogni falsità. Falsità nelle cose, nelle persone, nelle apparenze. Mostrati per ciò che sei, non cercare di essere nessun'altro. Io sono me stesso, non sono falso. Desiderio di far sparire ogni Menzogna, ogni Bugia. Desiderio di carezze, di sentire il cuore battere forte mentre ti guardo. Desiderio di piangere, di non vergognarsi. Piangere di gioia o di dolore. Desiderio di piangere. Non mi vergogno io, non lo faccio. Desiderio di essere se stessi, non più inespressi, non più racchiusi dentro un guscio, a mascherar il vero volto della propria vita. Desiderio di annullare ogni Menzogna, ogni Bugia, ogni Falsità. In piedi al centro della stanza, mi rivedo e mi osservo. Ascolto i miei pensieri, ascolto il mio cuore, ascolto il mio corpo. La pelle ti va stretta, ti fa sentire intrappolato, ne vuoi uscire, ne voglio uscire. Ascolto i miei pensieri, mi parlano, hanno ragione, li ascolto. Cammino. Passi lenti, misurati, cadenzati, regolari. Movimenti ripetuti meccanicamente, che portano alle scale. Le scale oltre la porta, la porta di casa mia. So cosa c'è la fuori, ma non l'ho mai osservato veramente. Dovrei scenderle, devi scenderle, e portarti in strada, nella piazza, tra le genti che parlano. Ridono, scherzano. Ma no, non le scendi. Le sali. Si sto salendo, e so dove portano. Mi portano su, oltre la porta. L'ultima porta del mio palazzo, oltre quella solo il terrazzo, grande, spazioso, accogliente. Ricopre l'intera superficie del palazzo, ma è a mio esclusivo uso, solo io vi accedo. Sei lì. Sono lì, al centro del terrazzo, solo. Osservo i tetti delle case, dei palazzi, oltre il parapetto. E' basso e di cemento, logoro dal tempo e dalle intemperie. Ma resiste, non si scompone. Passi lenti, cadenzati, misurati, regolari quasi meccanici. Sono in piedi, non al centro del terrazzo, ma al centro del parapetto. Sul parapetto. Trenta centimetri: di qua il pavimento, di la il vuoto. Venti metri o forse più. Lo guardo. Percepisco brividi lungo la schiena, ho le vertigini. Sono forti, mi viene la nausea. Ho quasi il vomito, ma resisto. Osservo il vuoto, mi piace, mi attrae. La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare. Vorrei volare, voglio volare. Vuoi volare?



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